La Cassazione prende posizione sulle sponsorizzazioni
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In breve
Una recentissima pronuncia della Corte di Cassazione riconosce la presunzione legale di inerenza e deducibilità delle spese di sponsorizzazione ad a.s.d.
La vicenda trae origine da un avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate per recuperare a tassazione alcune spese di sponsorizzazione che erano state erogate nei confronti di un’associazione sportiva dilettantistica.
Tale atto era stato prontamente impugnato innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale, che aveva parzialmente accolto, e successivamente era stato portato all’attenzione della Commissione Regionale dell’Umbria, che aveva deciso l’accoglimento dell’appello presentato dalla società, aderendo alla consolidata giurisprudenza di legittimità che sostiene che le spese di sponsorizzazione siano inerenti e deducibili fino al limite fissato a 200.000,00 euro, vigendo la presunzione disposta dall’art. 90, comma 8 della l. 289/2002 (oggi abrogato nel contesto riforma dello sport dal d.lgs. 36/2021).
La causa arrivò fino in Cassazione, che si espresse con l’ordinanza n. 14626 del 27 febbraio 2020, la quale si conformò ai precedenti, affermando che vige una presunzione legale assoluta intorno alle spese di sponsorizzazione, quando si tratta di detrazioni fiscali, circa la natura di pubblicità e non di rappresentanza, quando siano soddisfatti determinati requisiti; è richiesto infatti che:
- il soggetto, che riceve la sponsorizzazione, deve essere una associazione o società sportiva dilettantistica;
- non deve essere superato il limite quantitativo di spesa di 200 mila euro;
- la sponsorizzazione deve essere finalizzata alla promozione dell’immagine e dei prodotti dello sponsor;
- il soggetto, che riceve la sponsorizzazione, deve attivarsi per svolgere un’effettiva attività promozionale.
L’Agenzia delle Entrate, non soddisfatta della decisione assunta dal giudice di legittimità, ha allora proposto ricorso per revocazione, deducendo l’errore percettivo di fatto sull’esatto contenuto del ricorso precedente, rappresentando che l’amministrazione non aveva contestato che la presunzione legale operasse quanto alla natura di pubblicità delle spese e non di rappresentanza, ma quanto all’inerenza delle spese all’attività d’impresa dello sponsor entro il limite di 200.000,00 euro.
La Corte di Cassazione ha avuto allora l’occasione di pronunciarsi, nuovamente, con la sentenza n. 38124 depositata il 30 dicembre 2022.
Innanzitutto ha evidenziato che nessun errore percettivo sia mai stato commesso precedentemente e che, di conseguenza, la questione da decidere era stata correttamente inquadrata e giudicata dalla sezione competente.
È stata così data la possibilità di ribadire e analizzare la precedente pronuncia dei giudici di legittimità: “le spese di sponsorizzazione di cui all’art. 90, comma 8, della l.n. 289 del 2002 sono assistite da una ‘presunzione legale assoluta’ circa la loro natura pubblicitaria” purché ricorrano le “precise condizioni” stabilite dalla legge, citando, non a caso, riferimenti giurisprudenziali in parte coincidenti con quelli richiamati dalla CTR, ha semplicemente inteso dare continuità all’insegnamento costante secondo cui, rispettate le ridette “precise condizioni”, la presunzione legale assoluta di cui all’art. 90, comma 8, l. n. 289 del 2002 ‘copre’ anche il requisito dell’inerenza”, conseguentemente insindacabile sia dall’Amministrazione che dal Giudice”.
Con questa pronuncia sembra potersi dire la parola fine alla questione. Per le spese di pubblicità resta la presunzione legale assoluta, mentre risulta del tutto irrilevante la verifica dell’inerenza, perché la legge fissa il limite di 200 mila euro, alle condizioni riportate sopra.
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