L’inquadramento del lavoro sportivo alla luce della giurisprudenza giuslavoristica
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In breve
La recente ordinanza della Cassazione è l’occasione per fissare alcuni concetti chiave nella Riforma dello sport
Punto nevralgico della Riforma dello sport è sicuramente la definitiva qualificazione di tutti coloro che operano nel settore, sia a livello professionistico sia dilettantistico, come lavoratori sportivi.
L’art. 25 del d.lgs. 36/2021 fissa, infatti, la condizione per rientrare nella categoria: “l’atleta, l’allenatore, l’istruttore, il direttore tecnico, il direttore sportivo, il preparatore atletico e il direttore di gara che, senza alcuna distinzione di genere e indipendentemente dal settore professionistico o dilettantistico, esercita l’attività sportiva verso un corrispettivo. È lavoratore sportivo anche ogni tesserato, ai sensi dell’articolo 15, che svolge verso un corrispettivo le mansioni rientranti, sulla base dei regolamenti dei singoli enti affilianti, tra quelle necessarie per lo svolgimento di attività sportiva, con esclusione delle mansioni di carattere amministrativo-gestionale”.
Dunque il fatto di essere uno dei soggetti ricompresi nella disposizione e di percepire un corrispettivo per quello che si esercita conduce necessariamente ad essere considerato, a tutti gli effetti, un lavoratore sportivo.
Tale attività si può estrinsecare secondo differenti forme: autonomia, subordinazione e collaborazione coordinata e continuativa (c.d. co.co.co).
In particolare, il comma 2 del predetto articolo 25 riporta che: “Ricorrendone i presupposti, l’attività di lavoro sportivo può costituire oggetto di un rapporto di lavoro subordinato o di un rapporto di lavoro autonomo, anche nella forma di collaborazioni coordinate e continuative ai sensi dell’articolo 409, comma 1, n. 3 del codice di procedura civile”.
Le nozioni di subordinazione e autonomia fanno riferimento a due articoli del codice civile, che sono dedicati alla loro trattazione. Secondo l’art. 2094 c.c.: “È prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell’impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore”; ai sensi del 2222 c.c. è, invece, lavoratore autonomo chi “si obbliga a compiere verso un corrispettivo un’opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente”.
Da una differente qualificazione derivano necessariamente differenti oneri in campo a lavoratore e datore, che possono assumere una certa rilevanza anche in ambito sportivo, alla luce della nuova riforma.
La giurisprudenza è sempre stata dotata di una grande sensibilità sul tema e i giudici sono stati aditi, innumerevoli volte, per definire il reale perimetro del lavoro e determinare la qualificazione dell’attività concretamente prestata nel singolo caso sottoposto alla loro attenzione. Partendo da ciascuna vicenda, sono stati così ricavati numerosi indici di valutazione di un rapporto di subordinazione, che è bene tenere presente anche nel mondo sportivo:
– compenso prestabilito e retribuzione a cadenze fisse
– orario di lavoro predeterminato
– continuità della prestazione
– collegamento della prestazione con l’organizzazione tecnica e produttiva dell’azienda
– vincolo di soggezione personale del lavoratore al potere organizzativo, direttivo e disciplinare del datore, da cui derivi una limitazione dell’autonomia
– inserimento nell’organizzazione aziendale
– l’assenza in capo al lavoratore del rischio imprenditoriale
– l’uso di mezzi di lavoro messi a disposizione dal datore
Ed altri, che nel caso concreto possono aiutare a definire la fattispecie.
Ancora di recente la Cassazione, Sezione Lavoro, ha avuto modo di pronunciarsi, con l’ordinanza 16 gennaio 2023, n. 1095, nella quale ha potuto spiegare che l’elemento essenziale del rapporto di lavoro subordinato, che permette inoltre di distinguerlo da quello autonomo, è costituito dalla “soggezione personale del prestatore al potere direttivo, disciplinare e di controllo del datore” riguardo alle modalità con cui la prestazione viene svolta.
Se, però, tale assoggettamento non risulti valutabile, è allora possibile riferirsi ad altri indici sussidiari, i quali sono presuntivi di un rapporto subordinato:
– oggetto della prestazione
– compenso commisurato alle giornate lavorative
– controllo orario e giornaliero della prestazione eseguita
– disponibilità a lavorare nell’arco temporale richiesto
– comparazione con la qualifica di altri lavoratori nella stessa posizione
Dunque gli indici sono molteplici e possono così adattarsi alla situazione concreta, perciò è bene conoscerli anche in riferimento ai contratti di lavoro sportivo. In particolare, nell’area del dilettantismo è riconosciuta la presunzione di lavoro autonomo, appunto nella forma delle co.co.co, nel caso in cui la durata delle prestazioni oggetto del contratto non superi le diciotto ore settimanali, escluso il tempo dedicato alla partecipazione a manifestazioni sportive.
La norma è chiara, pertanto, e non esclude la possibilità di sottoscrivere un contratto di collaborazione coordinata e continuativa che preveda una durata settimanale superiore alle diciotto ore; più semplicemente non vi sarà la presunzione legale data dall’art. 28, comma 2, ma le parti potranno stipulare il contratto secondo la loro autonomia negoziale. Ecco perché, in un caso del genere, dovranno essere tenuti in massima attenzione tutti i possibili indici di subordinazione.
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