L’istruttore sportivo può diventare un lavoratore subordinato
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In breve
La giurisprudenza si muove compatta verso l’affermazione della natura di lavoratore dell’istruttore
In attesa dell’entrata in vigore della normativa della Riforma dello sport dedicata al lavoro sportivo, contenuta nel d.lgs. 36/2021, i giudici di merito sempre più convintamente sono orientati ad affermare la natura di lavoratore dell’istruttore sportivo in numerose fattispecie.
Il tratto rilevante e distintivo è il fatto di svolgere, o meno, attività istituzionale in una società che sia riconosciuta dal Coni e affiliata alla Federazione.
Appena infatti questo confine viene violato, l’attività non è più considerabile di natura sportivo-dilettantistica, ma diventa una mera attività lavorativa, soggetta alla normativa ordinaria e non più garantita da regole di favore, come la riconduzione dei guadagni alla categoria dei redditi diversi di cui all’art. 67, comma 1, lett. m) del Testo unico delle imposte sui redditi.
Tale principio si rinviene nella pronuncia della Corte d’Appello di Brescia n. 216 del 2023, nella quale le prestazioni, eseguite da istruttori che svolgevano un corso formativo a pagamento rivolto non solo a soci della società sportiva, ma anche a semplici clienti, non diretto a manifestazioni o eventi sportivi né riguardante attività dilettantistica in sé, non sono state ritenute appartenenti alla categoria sportiva.
Per altro verso, suscita interesse la sentenza del Tribunale di Avellino n. 54 del 2023, la quale ha statuito sopra un ricorso presentato da un istruttore di sala pesi che era stato assunto per svolgere più attività, secondo un orario prefissato imposto dal datore: sia generale assistenza degli iscritti alla sala sia allenamento degli allievi per la corretta esecuzione della disciplina sportiva.
Nonostante le difese della società resistente fossero state incentrate sulla natura dilettantistica e sull’assenza di lucro della stessa, il giudice ha orientato la propria decisione nel senso di distinguere due specie di collaborazioni sportive: da una parte, quelle professionali e, dall’altra, quelle che non sono tali.
Queste ultime sono quelle collaborazioni da cui derivano compensi che sono inquadrati come redditi diversi e dunque non vengono assoggettati a nessuna contribuzione, mentre le prime riguardano redditi da lavoro subordinato o autonomo e sono soggette alla contribuzione. Citando la precedente sentenza n. 20 del 2021 della Corte di Appello di Genova, viene fissato il compito dell’interprete nella verifica del dualismo professionalità-dilettantismo della prestazione fornita; in presenza di elementi che configurino la professionalità dell’attività svolta, allora ne discende la riconduzione al rapporto di lavoro e l’assoggettamento ai contributi previdenziali e all’assicurazione INAIL.
Secondo il giudice del caso, è necessario osservare la natura della collaborazione, che può pure essere non dilettantistica anche se svolta presso a.s.d. o s.s.d.
Su una vicenda simile è intervenuta anche la Corte d’Appello di Venezia, con la decisione n. 703 di quest’anno, per l’appello presentato contro la pronuncia del Tribunale di primo grado che aveva ritenuto la sussistenza degli elementi di cui all’art. 67 TUIR circa l’attività svolta dall’associazione sportiva.
L’a.s.d. aveva infatti sottoscritto contratti di collaborazione sia per l’attività sportiva sia per quella amministrativa (in quest’ultimo caso co.co.co.), ma il Giudice di secondo grado ha ritenuto che i presupposti non fossero assunti e che quindi nessuna esenzione contributiva potesse essere concessa in riferimento ai collaboratori. Infatti all’interno dell’associazione si riscontrava l’assenza di democraticità, che conduceva alla scarsa partecipazione alle assemblee, la mancanza del diritto di partecipazione alle attività sportive in correlazione alla qualifica di socio, la sottoscrizione di abbonamenti in alcuni casi ad un costo superiore a quelli proposti da altre imprese commerciali del settore, le offerte promozionali e gli sconti per i frequentatori della struttura, un piano di finanziamento per il pagamento delle prestazioni erogate, il pagamento anticipato dei servizi.
Il fatto di aver ottenuto l’affiliazione e il titolo formale di a.s.d. non sono infatti sufficienti a determinare l’assoluta assenza di fini di lucro dell’attività svolta e a garantire i relativi vantaggi, dovendo invece sussistere in concreto questi elementi.
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